Epistemologia di approccio all’analisi e riprogettazione organizzativa

SDA Bocconi - Roberto Vaccani

Formazione
09 dic 2022
-
Tempo di lettura: 20 min
HR

Definizione di campo

Il presente scritto ha l’intento di proporre un modello di orientamento metodologico, utile alla lettura dell’organizzazione in termini sistemici.

L’approccio sistemico si differenzia dall’approccio analitico, come la visione globale si differenzia dalla visione di dettaglio.

I due modelli logici di lettura della realtà (analitico e sistemico) sono complementari come la parte sta al tutto e il tutto sta alle sue parti.

L’approccio analitico rappresenta la prospettiva di primo piano di chi si trova a svolgere una prestazione diretta ed è coinvolto in attività professionali specialistiche.

Le prestazioni specialistiche dirette presuppongono l’applicazione di metodi e tecniche di dettaglio preferibilmente monodisciplinari e monofunzionali (progettuali, produttive, amministrative, commerciali, ecc.).

L’approccio sistemico è proprio di ruoli gestionali ai quali è richiesta una prestazione gestionale indiretta, tesa alla progettazione e al governo di interi sistemi o subsistemi organizzativi. A tali ruoli è sollecitata l’assunzione di una prospettiva panoramica di lettura della configurazione complessiva degli impianti organizzativi. I ruoli gestionali richiedono, a chi li esercita, la capacità di prendere decisioni discrezionali sulle condizioni organizzative, sulle risorse e sui sistemi di lavoro delle persone che svolgono attività diretta.

Tale approccio non si muove a livello di dettaglio metodologico e tecnico, bensì nell’area delle logiche generali, di orientamento dinamico, di stima e approssimazione previsiva di interi sistemi aziendali. Il livello più alto di approccio sistemico è richiesto agli individui che ricoprono ruoli di governo di interi sistemi organizzativi (amministratori delegati, direttori generali e di divisione, imprenditori, responsabili politici ecc.). A tali ruoli è richiesta una lettura logica rivolta a tutti gli aspetti riguardanti un contesto organizzativo, nel suo insieme, e una consapevolezza dell’orchestrazione dinamica di interi processi aziendali.

Il modello metodologico che segue si pone come mappa mentale in grado di attribuire visibilità logica a tutti gli elementi significativi componenti interi impianti organizzativi (aspetto anatomico) e alle interazioni che li caratterizzano (aspetto dinamico e funzionale).

Un tale modello si propone come contenitore ragionato nel quale si possono inscrivere tutte le tematiche gestionali e manageriali delle organizzazioni.

 

Le classi di analisi

Per descrivere il modello di approccio userò la tassonomia proposta dagli studiosi di sistemi organizzativi Lawrence e Lorsch.

  • L'organizzazione è un sistema di variabili aperto al contesto esterno; tale contesto è caratterizzato, in output, dall’organizzazione mediante la produzione di beni o servizi in uscita. Dal medesimo contesto essa riceve in input influenze a opera dei fattori in ingresso (risorse economiche, materie prime, conoscenze, tecnologia, fattori socioculturali, competenze, attitudini, domande, bisogni, ecc.). Non è quindi pensabile una progettazione organizzativa che non tenga in considerevole rilievo sia la propria missione (rappresentata dalla qualità e dalla quantità dei prodotti e dei servizi in uscita dal sistema organizzativo) sia la coerenza con essa della qualità e della quantità dei fattori in ingresso nel sistema organizzativo (figura n.1, pag. 4).

 

  • Il processo di elaborazione e/o trasformazione dei fattori in ingresso che avviene nel sistema organizzativo finalizzato ai prodotti e/o servizi in uscita è sostenuto da un costrutto organizzato e analizzabile mediante tre categorie base di riferimento:
  1. la struttura di base, rappresentata dall'impianto portante dell'organizzazione (simile alla struttura ossea dell'essere umano) che più specificatamente contempla:
  • la divisione gerarchica o di potere (organigramma);
  • la divisione delle funzioni, delle mansioni e dei compiti (funzionigramma,
    mansionario);
  • il dimensionamento di risorse economico/finanziarie;
  • il dimensionamento quali/quantitativo dell’organico;
  • la allocazione e composizione degli spazi fisici e ambientali;
  • il dimensionamento delle risorse tecnologiche;
  • la dotazione ragionata della risorsa tempo.

La struttura di base ratifica la configurazione differenziata delle funzioni, delle divisioni, dei dipartimenti, dei reparti dei diversi uffici e la loro dotazione delle risorse.

La struttura di base garantisce stabilità al sistema organizzativo. Troppa struttura potrebbe irrigidire il sistema, poca struttura induce precarietà (destrutturazione) aziendale;

  1. i meccanismi o processi operativi, rappresentati dalle norme o procedure formali (l’insieme di regole di convivenza organizzativa) che danno ordine e visibilità ad alcuni fenomeni, quali:
  • i modelli informativi;
  • i modelli di presa delle decisioni;
  • i sistemi di governo e controllo delle risorse economiche;
  • i sistemi di controllo qualità;
  • i sistemi di controllo e valutazione di compiti e/o persone;
  • i meccanismi di premio/sanzione;
  • le procedure di selezione;
  • le procedure di formazione;
  • le procedure e le linee guida di lavoro.

I sistemi operativi garantiscono volumi, trasparenza, velocità e ripetitività a standard dei processi di lavoro. Essi possono rappresentare un ostacolo quando le attività lavorative prevedono discrezionalità decisionali e si trovano a fronteggiare situazioni impreviste.

In altri termini i sistemi operativi possono ingessare burocraticamente le condotte che richiedono flessibilità;

  1. i processi sociali, rappresentati dai comportamenti individuali e sociali messi concretamente in atto dagli individui posti ai vari livelli organizzativi.

I processi sociali garantiscono la flessibilità del sistema organizzativo. Essi costituiscono un complemento, in opposizione dialettica, alla struttura di base (che garantisce stabilità/rigidità) e ai meccanismi operativi (che presidiano la standardizzazione del sistema aziendale).

I processi sociali possono a loro volta essere codificati in diverse categorie e stratificazioni organizzative. Si può ad esempio parlare di processi di rifiuto, di accettazione e di compensazione organizzativa; come si possono suddividere genericamente i processi di vertice organizzativo dai processi della fascia intermedia e da quelli della fascia bassa organizzativa. Si parla ancora di processi quando si parla di stili di gestione manageriale e di comando, di climi e di culture organizzative. Nell’ambito dei processi sociali possono convivere comportamenti virtuosi e comportamenti viziosi, discrezionalità professionale accanto ad arbitri diseconomici e distruttivi.

Ecco la mappa sistemica di ricognizione e di riprogettazione organizzativa che consente di diagnosticare i punti critici e aiuta a diagnosticare i nessi causa/effetto dei fenomeni.

 

Sistema Organizzativo

I beni/servizi in uscita, i fattori in ingresso, gli elementi della struttura di base, dei sistemi operativi e dei processi sociali sono fra loro legati da un rapporto di interdipendenza. Nessun fattore può essere assunto in assoluto come variabile dipendente o indipendente.

Gli elementi della struttura di base, dei sistemi operativi e dei processi sociali, per esempio, si influenzano vicendevolmente, va quindi riservata più attenzione ai legami tra queste tre dimensioni piuttosto che a ogni dimensione presa separatamente.

Ecco alcuni esempi:

  • una dotazione strutturale inadeguata delle risorse produce processi sociali conflittuali, a detrimento delle prestazioni lavorative. Un adeguato dimensionamento di risorse strutturali induce motivazione diffusa e processi sociali di tensione lavorativa. Una eccessiva opulenza di risorse può produrre atteggiamenti di apatia e supponenza lavorativa;
  • la presenza di procedure troppo standardizzate facilita le attività ripetitive ma può togliere flessibilità, creatività e innovazione ai comportamenti organizzativi mischiando processi sociali di intraprendente trasgressione procedurale con comportamenti deresponsabilizzati e burocratici;
  • il processo comportamentale leaderistico spiccato di un responsabile organizzativo può favorire innovazione organizzativa ma può indurre una arbitraria destrutturazione aziendale.
  • L’interdipendenza dei fattori organizzativi deve essere letta nella sua congruenza o coerenza con le finalità dell'organizzazione. La progettazione organizzativa non va, perciò, messa in relazione con un modello organizzativo teorico e astratto (teoria classica), ma con le finalità concrete dell'organizzazione. Non esiste un modello organizzativo valido in assoluto.
  • Il contesto sul quale si apre il sistema organizzativo è normalmente in continua evoluzione e specifico per ogni mercato di beni e servizi. Questo implica una capacità organizzativa tesa al costante adattamento dei fattori in gioco.

Il modello di analisi sistemica si sta dimostrando un approccio di ricerca organizzativa generalizzabile a diversi sistemi e sottosistemi organizzativi. La sua applicazione in termini di ricerca e riprogettazione richiede un'adeguata preparazione manageriale e un approccio multidisciplinare, condizioni queste difficilmente presenti nelle culture organizzative arretrate.

Nell'applicazione dell'analisi sistemica è possibile vedere riaffiorare, se pur sotto spoglie diverse, elementi del passato conflitto tra visione classica dell'organizzazione e visione sociale. La lettura sistemica è quindi affrontata da alcuni in termini ingegneristici, in analogia con i sistemi cibernetici, da altri in termini psico-socio-organizzativi, in analogia con i sistemi bio-sociali. I primi rimangono rigidamente legati a una progettazione che mantiene stretta coerenza tra l'interdipendenza dei fattori di una organizzazione e i suoi fini (di qualsiasi fine si tratti); i secondi, più implicitamente che esplicitamente, introducono tra le finalità delle organizzazioni quelle di sviluppo sociale e individuale dei suoi abitanti, facendosi così portatori di una visione umanistica delle organizzazioni o più semplicemente umana. Questi ultimi legano la qualità dei beni/servizi in uscita alla qualità di convivenza degli abitanti del sistema che li produce.

Bisogna inoltre tenere presente che, come suggerisce l'analisi sistemica, uno dei fattori rilevanti di ingresso nei sistemi organizzativi è rappresentato dalla cultura (valori, atteggiamenti, comportamenti) del contesto.

La cultura del contesto è in grado di modificare notevolmente le ipotesi di progettazione organizzativa (si pensi all'insediamento di un’impresa industriale in un contesto a cultura industriale oppure in un contesto di prevalenza antropologica preindustriale). Per questa ragione i modelli di analisi sistemica, che hanno preminentemente una provenienza culturale anglosassone, necessitano di adattamenti a diverse culture.

I modelli di analisi dei processi sociali nelle organizzazioni necessitano perciò di un approfondimento personalizzato rispetto alle peculiarità antropologiche di ogni contesto specifico.

All’interno delle scuole di formazione manageriale (come per es. MBA Bocconi) e dei corsi di formazione al comportamento organizzativo, il modello di approccio sistemico all’organizzazione è stato usato come modello logico contenitore di riferimento, nel quale fare rientrare tutti i contenuti manageriali funzionali (contabilità, controllo di gestione e finanza, gestione del personale, sviluppo organizzativo, produzione, vendite e marketing, logistica, sistemi informativi, strategia). Un tale uso permette di affrontare, in modo analitico, gli approcci monofunzionali e specialistici, ricollocandoli nel loro rapporto a puzzle accanto a tutti gli altri aspetti organizzativi, fino ad allargare lo sguardo verso le interdipendenze plurifunzionali e verso la visione della configurazione organizzativa nel suo insieme. All’interno dello scenario contemplato dall’approccio sistemico è possibile vedere la relazione dialettica che lega le funzioni di sviluppo (marketing, ricerca) e le funzioni di controllo (amministrazione, controllo di gestione). Così come è possibile osservare il gioco che si snoda tra le funzioni a tempi brevi (produzione, vendita, amministrazione, gestione del personale, logistica) e le funzioni strategiche (marketing strategico, finanza, sviluppo organizzativo, politica del personale).

 

L’uso delle classi di analisi nel processo di diagnosi organizzativa

Le classi di analisi sistemica possono essere messe in dinamica di relazione in occasione di processi di diagnosi organizzativa. L’obiettivo della diagnosi organizzativa è quello di leggere le coerenze-incoerenze organizzative rispetto agli obiettivi aziendali.

 

L’insieme dei beni/servizi, che l’organizzazione, di fatto, produce ed eroga (in modo consolidato) o intende produrre o erogare realisticamente a tempi medi (in prospettiva), rappresentano il concreto riferimento strategico, la variabile più indipendente delle altre, sulla quale misurare le coerenze/incoerenze organizzative.

 

Non esiste un modello di organizzazione ideale, una formula organizzativa aprioristicamente vincente. Il modello vincente per ogni specifica organizzazione è relativo e va costruito sulla specificità storica, attuale, prospettica e sulle originalità di ogni singola organizzazione.

 

In tali occasioni è suggeribile un percorso logico che percorre le seguenti tappe, legate da linearità temporale:

 

1. constatazione dello stato (in termini di criticità/importanza) di erogazione dei singoli beni/servizi in uscita;

2. analisi della coerenza quali/quantitativa dei fattori in ingresso rispetto all’output organizzativo. Le eventuali incoerenze riscontrate rappresentano punti e spunti di riprogettazione del sistema organizzativo;

3 analisi dello stato di coerenza della struttura di base rispetto al presidio, gestione, sviluppo dei fattori in ingresso (soprattutto quelli risultanti più significativi rispetto ai beni/servizi in uscita), alla ricerca dei dati strutturali da eliminare per inutilità o sovradimensionamento e dei fenomeni organizzativi da proteggere e sostenere con investimenti di dotazioni strutturali;

4. verifica della coerenza dei sistemi operativi e della loro capacità di presidiare i processi più significativi, stimati tali per il loro peso di influenza rispetto ai beni/servizi in uscita. Valutazione del livello di proceduralizzazione (spinta o leggera), a misura delle richieste di standardizzazione rigida o di flessibilità e di personalizzazione, richieste dalla tipologia dei diversi processi dei diversi settori organizzativi;

5. da ultimo, analisi dei comportamenti individuali e sociali in termini di coerenza con le pratiche vincenti (rispetto agli obiettivi aziendali). Stima delle eventuali carenze comportamentali e le cause che le determinano in termini di:

  • mancanza di competenze (colmabile con la formazione professionale);
  • disallineamento attitudinale (sanabile con processi di ricollocazione in profili di ruolo più attinenti alle vocazioni degli individui);
  • comportamenti trasgressivi alle norme o alla deontologia lavorativa (arginabili con interventi sanzionatori).

 

Alternative di progetto di intervento e cambiamento organizzativo (cambiare l’organizzazione o organizzare il cambiamento?)

I modelli di intervento organizzativo generalizzabili sono pochi, poiché le specifiche pressioni ambientali e situazionali che inducono il cambiamento e le peculiarità di ogni singola organizzazione vietano la formulazione di modelli dettagliati di azione.

 

Si possono enunciare due logiche di base che solitamente ispirano i processi di cambiamento organizzativo:

  • cambiamento per discontinuità;
  • cambiamento incrementale.

 

Cambiamento per discontinuità

La logica di cambiamento per discontinuità viene adottata quando, per obsolescenza organizzativa, per necessità di mercato o per scelta imprenditoriale o direzionale, si intende sottoporre l’organizzazione a una sterzata evidente (in questi casi si usa il termine ristrutturazione) o, ancor più, si intende operare una revisione di base (in tali frangenti si parla di rifondazione).

Tale logica risulta inevitabile:

  • quando l’azienda, per troppa inerzialità o per pessima gestione manageriale, si trova abbondantemente fuori mercato (da commissariare);
  • quando l’azienda risulta dissestata finanziariamente (da libri contabili in tribunale);
  • quando le condizioni di esistenza organizzativa lasciano poco tempo d’azione;
  • in occasione di processi di acquisizione, fusione, operati da altri sistemi organizzativi, prevalenti in termini di rapporto di forza;
  • in occasione di scelte direzionali di dismissioni o decentramento di attività verso contesti ritenuti più remunerativi.

 

Questo modello d’intervento parte da una ridefinizione, anche radicale, degli output aziendali (beni/servizi in uscita) con una consequenziale ridefinizione della struttura di base (organigramma, funzionigramma, allocazione delle risorse). Coerentemente con la ridefinizione della strategia industriale e della struttura vengono riformulati (per buona parte ex novo) i sistemi operativi. Ne consegue una vistosa destabilizzazione dei processi sociali, frutto di riallocazione e ricomposizione quali/quantitativa di organico, di messa in mobilità di molti attori organizzativi appartenenti a diversi livelli gerarchici, di innesto di personale nuovo per anzianità aziendale, per competenze e culture di provenienza.

Durante tali processi di ristrutturazione, l’attenzione rivolta al controllo dei costi, al taglio, spesso indiscriminato, di quelli che sono ritenuti i “rami secchi” aziendali (amputando spesso con essi anche i germogli in crescita), porta l’implicita missione aziendale a essere centrata sulle funzioni di controllo fiscale (controllo gerarchico di gestione) e, contemporaneamente, a dimenticarsi delle funzioni di sviluppo (progettazione, sviluppo nuovi prodotti e mercati).

Questa logica di cambiamento organizzativo paga un prezzo (a volte inevitabile) di disagi sociali, di processi di difensività diffusa, palese o implicita, di dinamiche conflittuali rivendicative (sia sindacali sia prodotte da legami relazionali precedenti), si instaura un clima persecutorio e di paura di perdita di garanzie lavorative con correlate dinamiche di concorrenza accanita e processi di mobbing.

La criticità dei processi sociali produce demotivazioni, fughe di “cervelli”, flessione qualitativa delle prestazioni dell’intero sistema.

Per tali ragioni i processi di cambiamento per discontinuità devono essere gestiti con tempistiche veloci.

Permanere per troppo tempo in una condizione di allarme sociale da ristrutturazione può rinforzare processi stabili di depressione sociale di sistema, una sorta di sindrome di stato agonizzante, difficilmente recuperabili.

Le ristrutturazioni per discontinuità che hanno una eccessiva durata potrebbero portare a definitiva morte un sistema organizzativo per una sorta di “accanimento terapeutico”.

Per tali ragioni, dopo un rapido intervento di ristrutturazione per discontinuità, è indispensabile lanciare concreti messaggi di rilancio del sistema organizzativo. La strategia dei due tempi, prima ristrutturazione e poi rilancio, non è obbligata ma è spesso legata alle caratteristiche del management che guida tali processi.

Sono pochi i manager che, per caratteristiche di personalità, riescono a gestire in contemporanea le azioni di controllo e rilancio di sistema, a governare l’ossimoro di convivenza dialettica degli opposti. Per tali ragioni capita spesso che le figure, che sanno reggere l’impopolarità legata ai processi di ristrutturazione per discontinuità, risultano poco attitudinali nel gestire il rilancio; viceversa, i manager di sviluppo si dimostrano poco inclini a guidare impopolari cambiamenti per discontinuità.

 

Cambiamento incrementale

La logica di cambiamento incrementale viene applicata quando le condizioni di disallineamento e di incoerenza organizzativa rispetto agli obiettivi non risultano gravi, quando l’organizzazione risulta “febbricitante” ma non “moribonda”.

In questi casi, più che un brusco deragliamento salvifico, serve un riorientamento organizzativo. Le azioni di cambiamento si possono distendere su tempi medi e, più che agire in primo piano sull’eliminazione delle diseconomie e dei vincoli organizzativi, si può agire prevalentemente sullo sviluppo ed il rinforzo delle opportunità. Questo modello d’intervento prende spunto da alcuni prodotti/servizi delle specifiche organizzazioni in cambiamento che potrebbero essere notevolmente migliorati. Sulle aree di miglioramento degli output aziendali individuate, vengono lanciati dei progetti di sviluppo che permettono la composizione di team di progetto, composti da attori organizzativi appartenenti alle diverse funzioni aziendali e scelti per competenze e affidabilità motivazionali.

Il cambiamento prende l’avvio in ambito ristretto con interventi esemplari che coinvolgono apparentemente solo le task force coinvolte. L’avvio di un intervento mediante processi sociali circoscritti tranquillizza il resto del sistema aziendale e non sollecita resistenze diffuse, in grado di vanificare i progetti di cambiamento.

Durante l’attuazione dei progetti di cambiamento è inevitabile che i team di lavoro entrino, in modo morbido e funzionale, in rapporto con la restante parte dell’organizzazione. Questo fatto solleciterà curiosità e sentimenti di emulazione, nella misura in cui i gruppi di progetto approdano a risultati positivi e dimostrano di essere supportati da una committenza forte, operata dalla direzione aziendale.

Questa morbida irradiazione culturale produttrice di attenzioni positive, originata dalle attività esemplari, farà percepire i cambiamenti in atto sotto una veste di opportunità e non di vincolo. Una tale interpretazione positiva dei cambiamenti potrà produrre la caduta di alcune resistenze e favorirà la nascita di aspettative emulative, accanto alla voglia di coinvolgimento diffusa. Contemporaneamente i gruppi coinvolti direttamente nei progetti di cambiamento, percependosi protagonisti apprezzati, aumenteranno il loro grado di motivazione e con essa di risultati.

A conclusione della fase sperimentale dei progetti di innovazione, nella logica del cambiamento incrementale, le pratiche e le condotte risultate vincenti possono essere per buona parte, ratificate e normate in termini di sistemi operativi.

In tale modo le pratiche vincenti personali e processuali sarebbero per buona parte stabilizzate in veste di sistemi operativi, in veste di best practice organizzativa.

Quando il consolidamento delle prassi e dei risultati dei gruppi di progetto risultano stabilmente vincenti le aree di cambiamento possono essere ulteriormente consolidate in termini di struttura di base, attribuendo posizioni stabili in organigramma, funzionigramma, fornendo loro una dotazione stabile di risorse (budget, organico, tempo, spazio fisico, tecnologia).

Come si vede questa logica di cambiamento incrementale parte dal coinvolgimento delle persone, consolida i processi in un secondo momento, in termini di sistemi operativi e, solo in ultima fase, rinforza il cambiamento avvenuto in termini di struttura di base.

Tale logica incrementale si muove in un percorso diametralmente opposto a quello che caratterizza la logica di cambiamento per discontinuità, che parte dalla struttura, edifica i sistemi operativi e richiede agli individui un forzato adattamento processuale.

I cambiamenti incrementali organizzano il cambiamento facendo leva sulla partecipazione e condivisione massima delle comunità aziendali. I cambiamenti per discontinuità cambiano l’organizzazione intesa come macchina tecnocratica e puntano sull’adattamento coatto degli individui.

I cambiamenti incrementali, facendo leva sul coinvolgimento e l’adattamento di percorso agli imprevisti originati dai processi sociali, richiedono alle direzioni aziendali notevole sensibilità di ascolto sociale, capacità di mediazione, pazienza e fermezza di obiettivi.

Questa strategia di intervento garantisce più continuità alla vita organizzativa, più stabilità sociale e più tutela delle caratteristiche di originalità organizzativa.

La caratteristica di unicità e originalità delle formule imprenditoriali e aziendali, in genere, risiede nella capacità di innovare nella continuità. Essa si regge sull’abilità direzionale nell’attualizzare i cambiamenti, senza cancellare le memorie storiche delle organizzazioni, che le caratterizzano come uniche ed originali.

Il punto debole dei cambiamenti incrementali risiede nei tempi medi che li caratterizzano, e che li rende applicabili solo in organizzazioni non in affanno di cambiamento.

La fretta, i cambiamenti rapidi di mercato, la tipologia di manager impazienti e d’assalto e gli azionisti, che spesso richiedono risultati positivi con la tempistica ossessiva dei bilanci trimestrali, costituiscono fattori conniventi con l’adozione di una logica di cambiamento per discontinuità, anche quando sarebbe possibile adottare con più appropriatezza un cambiamento incrementale.

 

La frenesia dei mercati globali e il tramonto dei progetti industriali strategici e di lungo periodo, a favore dei blitz finanziari e della speculazione industriale di breve periodo, hanno introdotto una convenzione concettuale di urgenza temporale, che vieta, di fatto, il respiro strategico al mondo industriale. Appare difficile fare piani a lungo termine in una partita industriale dove sembra prevalere l’idea di vincere a qualsiasi costo a breve piuttosto che campare bene e lungamente. Sotto tali pressioni si confonde il grosso con il grande, la quantità con la qualità e le stock option con il successo professionale.

In questo brodo industriale vengono bruciate risorse preziose solo perché non ci si è dati il tempo di scoprirle e vengono stravolti o distrutti interi sistemi organizzativi, sviluppabili in modo vincente, ma coinvolti in ristrutturazioni selvagge che pretendono prestazioni immediate contro il principio di realtà.

Questa cultura della fretta, che premia l’agire repentino e sottovaluta l’abilità di capire, produce figure manageriali che, in tre anni di mandato, promettono di ristrutturare intere multinazionali, conseguendo contemporaneamente risultati economici. Manager pronti a vendersi dopo tre anni, a prezzo maggiorato, ad altri azionisti offerenti un’organizzazione da spremere collassandola.

Le grandi imprese hanno bisogno di atti corali e tempi umani per essere edificate, non certo della tempestività individuale stimolo-risposta richiesta da molti giochi proposti dalle play station. Sono relativamente poche le figure manageriali capaci di condurre in porto un progetto industriale, consapevoli che, per modificare l’andamento di un’azienda complessa, esso necessita di un mandato di una decina d’anni. Tempo occorrente per poter ottenere risposte efficienti sul piano quantitativo della produttività e della redditività d’impresa, ma, soprattutto, per poter investire in efficacia organizzativa, in stabilità, qualità di risposte, e per ottenere l’adesione culturale della comunità d’impresa.

I sistemi aziendali complessi hanno bisogno della cura, della costanza e della passione che occorrono per ottenere in tredici anni un’ampolla di aceto balsamico. Per ottenere aceto comune basta lasciare stappata per qualche mese una bottiglia di vino mediocre.

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